«D’Amuri»: L’amuri ca mi dasti ti lu tornu

Santi Catanesi è il regista di «D’Amuri», ecco la scheda del film,  che la giuria del festival ha ammesso alla finale 2023. Ecco cosa ha risposto alle nostre domande:

Perché ha deciso di girare questo Film?
La decisione di girare questo film è maturata con il crescente allarme della violenza domestica e del femminicidio in Italia. Ho pensato quanto fosse sconcertante che le donne vittime di femminicidio, conoscessero sempre il loro assassino e che quest’ultimo nella maggior parte dei casi avesse le chiavi di casa. Ho pensato anche che prima di arrivare a questa follia, carnefice e vittima hanno avuto la normale crescita fisiologica della coppia, si sono incontrati, si sono corteggiati e magari si sono anche detti ti amo. Così ascoltando la canzone Siciliana “Ciuri, Ciuri” sono stato colpito dal suo ritornello e l’ho immaginato in questa chiave paradossale, dove il carnefice uccide dimenticando completamente l’amore e l’affetto che aveva provato per la sua compagna.
“L’amuri ca mi dasti ti lu tornu”.

Su quale tema vuole richiamare di più l’attenzione di chi lo guarda?
Il tema che vuol richiamare il film è anche quello dell’indifferenza, purtroppo credo che le persone fin quando non toccano con mano un fenomeno fin quando non lo osservano da vicino non riescano ad empatizzare con esso e dargli la giusta attenzione.
Negli ultimi anni risulta marcatamente in aumento il rapporto tra gli omicidi in ambito domestico e il totale degli omicidi volontari di donne, ma purtroppo pur sapendo questo gli interventi contro le minacce o la violenza sulle donne risultano tardivi. Nel film si pone anche l’attenzione su come una situazione all’apparenza tranquilla possa generare il follia e violenza, ed è stata molte volte una situazione che ho ritrovato leggendo le storie delle donne che sono morte durante il periodo intercorso dal primo ciak alla fine del film. Durante il completamento del film dal gennaio 2020 all’aprile 2020 sono morte 20 donne, tutte vittime di femminicidio.
Il caso che più mi ha colpito è stato quello di Lorena Quaranta, strangolata e vittima di una modalità che sembra proprio quella del nostro film.

Che messaggio intende lanciare con questo film al mondo del cinema?
Se proprio devo pensare ad un messaggio da mandare al mondo del cinema, vorrei che quest’ultimo tornasse ai tempi del neorealismo con la realizzazione di film che riescano a rappresentare la massima potenza della settima arte, che colpiscano, che parlino delle classi più disagiate che raccontino fenomeni reali e che con la loro poetica riescano a parlare anche all’inconscio.
Girare la sequenza dello strangolamento è stata emotivamente forte, poiché appunto ci veniva sbattuto in faccia da vicino un episodio che nessuno vorrebbe vivere.
Questo avviene nel meraviglioso film di Krzysztof Kieślowski, Breve film sull’uccidere, dove il protagonista con la sua storia e la sua psiche, trovano il massimo momento di drammatizzazione durante la lunga scena dell’omicidio.
Infine credo che conoscere, sensibilizzare, mostrare anche i lati oscuri dell’essere umano possa servire a mantenere l’attenzione su temi ardui come il femminicidio, la povertà, la violenza domestica e la discriminazione.

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