Il giovane Luca Giordano con il sonno della ragione che genera mostri

«Non ci sono parole per descrivere questo progetto. Un progetto che porta con sé giornate interminabili, altre terminate troppo in fretta, dubbi, paure, incertezze, felicità e tanto impegno. È il simbolo di un anno strano, particolare, che ha segnato nel bene e, soprattutto, nel male ognuno di noi. Questo lavoro, nelle sue imperfezioni, vuole rappresentare il mondo perfettamente imperfetto di ogni uomo, che prima o poi si ritrova dinanzi a scelte, ostacoli e barriere che noi stessi, a volte, ci costruiamo. Questo cortometraggio non è la verità, né tantomeno ha la pretesa e la voglia di esserlo. Mi sono voluto calare nei panni dell’attore, come sfida, per metter in scena un qualcosa tutt’ora indefinito, consapevole dei miei grossi limiti. Senza esperienza, senza nulla. Non sono un attore e non è il mio futuro. Nella speranza che tutto torni come prima, nella speranza che presto si ritorni a vivere, ad abbracciarsi e nella speranza di non avere più paura di guardarsi negli occhi, spero di distrarvi per questo poco tempo e che basti per farvi sorridere o riflettere». Lo scrive il giovane Luca Giordano che partecipa al Festival del cinema di Cefalù con il corto «Blackout».
Luca Suhe Giordano, nato a Roma e di nazionalità Italo-colombiana ha frequentato il “Liceo Classico” e ora studia Lettere moderne presso “La Sapienza”, Roma.
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